Quello che donne riferiscono dopo un aborto

G.B.: La vista di donne in gravidanza mi era insopportabile

Ero consapevole del fatto che l’aborto uccideva il mio bambino. Ma che cosa potevo fare? Il mio ragazzo non mi offriva alcun sostegno, i miei genitori non vedevano (allora) altre vie d’uscita, per la mia amica l’aborto non era niente di grave … in breve, non avevo la forza per resistere a compiere questo passo.

L’aborto è stato tremendo, un vero orrore. Dopo l’aborto, per un po’ ho provato sollievo. A lungo ho soffocato il ricordo e il rimorso. Col passare del tempo, però, non ci sono più riuscita. La vista di donne in gravidanza mi era insopportabile. Quando vedevo madri con i loro piccoli le evitavo girando al largo. Bambini, purtroppo, non ho più potuto averne.

Ancora oggi, a distanza di ventisette anni, non sono riuscita a superare completamente il trauma dell’aborto. Ricevo forza, sempre maggiore, solo dalla fede nella misericordia e nell’amore di Dio. Mai abortire! Mai, anche se la pressione dell’ambiente circostante è forte e gli effetti vengono minimizzati. Le vere conseguenze rimangono a carico della donna, per tutta la vita!

B.L.: Quando ho visto appeso ad un filo il mio bambino, non più grande di un dito, ho dovuto piangere

Tenere il bambino era impensabile. Allora vivevo come in estasi: tutto era consumismo, autorealizzazione. Volevo essere una donna “indipendente”. Ho abortito due volte. Di uno dei due bambini non sapevo neanche chi fosse il padre.

Le conseguenze non mi interessavano. Quando vidi il mio bambino, non potei fare altro che piangere. Per me l’aborto era un semplice problema tecnico, non meritevole di una qualsiasi emozione.

Però poi successe qualcosa che non potrò mai dimenticare: il momento in cui, con grande sofferenza, mi sono alzata dal lettino d’ospedale e ho visto appeso ad un filo il mio bambino, non più grande di un dito. Mi è balenato in mente un pensiero: È un essere umano, in tutto e per tutto! Non ho potuto trattenere le lacrime.

Quando ho preso coscienza delle conseguenze della mia vita passata, mi è crollato il mondo addosso. Dopo, solo la fede in Gesù Cristo e il suo perdono hanno potuto darmi di nuovo la pace interiore.

G.W.: Date una possibilità al vostro bambino, anche se portatore di handicap!

Mi sentivo lasciata sola. I problemi cominciarono con la diagnosi che il mio bambino poteva essere disabile. I medici mi consigliarono di abortire. Mi sentii completamente abbandonata dal mio uomo di allora. Sperai inutilmente che mi dicesse: “Ti amo e amo anche il nostro bambino, già da ora, non importa se nascerà sano o disabile.”

L’aborto fu per me orribile, degradante. Durante l’aborto mi sentivo come un capo di bestiame portato al macello. Mi fecero una puntura e subito dopo mi legarono le gambe con orribili cinghie, fissandole a staffe metalliche, senza neanche attendere l’effetto del narcotico.

L’aborto mi ha perseguitato. Per anni ho sofferto di dolori al basso ventre. Sono stata perseguitata da incubi e non riuscivo neanche più a guardarmi allo specchio. Avevo continuamente la sensazione che mio figlio mi stesse da-vanti e mi chiedesse: “Perché non mi hai lasciato una possibilità?”

Se infine ho trovato un aiuto per superare questo trauma è stato solo per una fortunata circostanza. Alle donne in attesa di un figlio in una situazione di difficoltà vo-glio dire di non lasciarsi intimidire e di offrire al proprio figlio una possibilità di vita. Ci sono organizzazioni che possono aiutare la madre e il bambino senza tante formalità burocratiche.

N.M.: Al-tuo-hai-dato-la-morte, al-tuo-hai-dato-la-morte

Il pensiero dell’interruzione della gravidanza è per me ancora oggi molto doloroso e accompagnato da forti sensi di colpa. Non è vero che con l’aborto per la donna finiscono i problemi, è vero tutto il contrario! È stato tremendo!

Dopo l’aborto, è venuta un’infermiera e mi ha tolto garze insanguinate. Erano metri e metri! La mia pancia ne era piena. A casa ho continuato ad avere terribili emorragie. Anche psichicamente mi sentivo ferita. Non ci sono riuscita affatto!

Continuo ancora ad avere incubi spaventosi, nei quali cerco il mio bambino, che ho ucciso, lo disseppellisco da qualche parte e lo trovo già in decomposizione! Quando mi risveglio, sono sempre costretta a piangere.

Di recente avevo fatto fare a casa un nuovo caminetto. Una delle notti seguenti ho sognato di ritrovare il mio bambino morto sotto la griglia del caminetto. È orribile! Quando, alcune settimane dopo l’aborto, fummo in visita da una famiglia con un neonato, sentii il mio cuore contrarsi. Il suo battito sembrava dirmi: Al-tuo-hai-dato-la-morte, al-tuo-hai-dato-la-morte. Quella sera desiderai tantissimo avere un bambino tutto mio. Questi sono i sentimenti che ricorrono costantemente nella mia vita.

C: L’aborto mi perseguita più che la violenza subita

La spinta ad abortire è forte. Di una donna rimasta incinta a causa di una violenza carnale si ritiene oggi ovvio che abortisca. Ogni altra possibilità sembra inimmaginabile, anzi insensata.

Quando rimasi incinta dopo lo stupro, la pressione del mio ambiente fu tanto forte che non riuscii a resistere. Coloro che consigliano l’aborto non pensano al futuro delle donne violentate.

Oggi mi rendo conto che l’aborto è stata una decisione disgraziata: oltre allo stupro devo sopportare anche il peso dell’aborto e di aver perso il mio bambino. Una donna violentata dovrebbe ricevere aiuto psicologico e materiale per poter meglio accettare il bambino innocente.

Con il tempo diventa meno gravoso accettare il bambino, anziché dover poi vivere con l’oppressione dell’aborto compiuto che tormenta la coscienza. Raccomandare l’aborto a una donna violentata e rimasta incinta significa consigliarle una soluzione che aumenterà ancora di più le sue sofferenze.