La Corte suprema norvegese dalla parte di una dottoressa cristiana
Precedente a favore della protezione della vita in campo medico

Dr. Katarzyna Jachimowicz.
Esistono medici probi che non assecondano qualunque richiesta. Prima di agire, ascoltano la propria coscienza. Bisogna costringere medici simili a rinunciare alla loro professione? No, ha deciso con sentenza dell’11 ottobre 2018 la Corte suprema norvegese. La Dr. Katarzyna Jachimowicz, al centro della vicenda, può tirare un sospiro di sollievo. E non solo lei, ma anche tutto il personale medico in Norvegia e in altri paesi.
Non tutti i mezzi di regolazione delle nascite sono eticamente ineccepibili e non pochi hanno potenzialmente un effetto abortivo precoce. È anche il caso, per esempio, delle cosiddette spirali.
Il rifiuto di inserire alle sue pazienti la spirale è stato all’origine, per la dottoressa e medico di famiglia Katarzyna Jachimowicz, polacca e di fede cattolica, di un’azione legale. Prima di essere assunta nel 2011 presso la clinica comunale di Sauherad, in Norvegia, aveva indicato con chiarezza questa sua indisponibilità, ciò che non costituiva inizialmente alcun problema. Ma poi, nel 2015, è entrata in vigore in Norvegia una legge che vieta di principio ai medici di rifiutare l’adozione di metodi di regolazione delle nascite – un provvedimento che ha spinto la clinica a licenziare la dottoressa.
Licenziamento ingiustificato
Il diritto del personale medico all’obiezione di coscienza è valido in tutta Europa. Con il sostegno dei legali di un’organizzazione internazionale cristiana di difesa dei diritti umani, di un’associazione medica cristiana e dalla Chiesa cattolica norvegese, la Dr. Jachimowicz ha sporto denuncia per licenziamento ingiustificato. Una prima istanza aveva deciso a suo sfavore. La Corte d’appello prima, e ora anche la Corte suprema, le hanno per contro dato ragione, stabilendo che la sua libertà di coscienza andava tutelata.
In un epoca in cui medici, ostetriche e altri operatori in campo medico sono esposti a crescenti pressioni perché compiano azioni inconciliabili con la loro coscienza, questo verdetto fa certamente piacere. La sentenza «stabilisce nuovi standard per quanto concerne la protezione dei diritti basilari della coscienza, sia in Norvegia che altrove» è quanto commenta l’organizzazione per i diritti umani coinvolta nella causa.
Anche in Svizzera?
Staremo a vedere quali effetti produrrà questo verdetto in Svizzera. L’Associazione Mamma sostiene attualmente la lotta legale portata avanti da ostetriche coinvolte in casi analoghi nel nostro paese.