21. settembre 2023

Nessun problema con la sindrome di Down

Questa famiglia deve giustificarsi per ulteriori gravidanze???

Ashley e suo marito Taylor con Lillian, di 2 anni e mezzo (a destra, con sindrome di Down), Evelyn, di 1 anno e mezzo (al centro, senza sindrome di Down) e l’ultimogenita Katherine (con sindrome di Down).

Ashley Zambelli (23 anni) di Macomb Township nello Stato federato statunitense Michigan è portatrice della «sindrome di Down a mosaico». Su di lei la sindrome di Down si manifesta soltanto mediante alcuni sintomi poco visibili. Tuttavia due delle loro tre figlie presentano i segni tipici. Sui media sociali la madre impegnata comunica che la sindrome di Down non costituisce alcun motivo per non rallegrarsi della vita – e per non desiderare di avere un altro bambino!

Se il cromosoma 21 è presente soltanto in una parte delle cellule corporee nella misura del triplo invece che del doppio, si parla di una «trisomia 21 a mosaico» o appunto di «sindrome di Down a mosaico». Si parte dall’ipotesi che circa il 2 per cento degli esseri umani in cui è riscontrata una trisomia 21, abbia una forma a mosaico. Le caratteristiche della sindrome di Down sono, a seconda della percentuale di cellule con il triplo di cromosomi 21, più o meno marcate.

Commenti «spiacevoli»

Ashley Zambelli è stata confrontata in gioventù con disturbi funzionali della mascella, lussazioni delle rotule e tachicardia. Nessun medico aveva però correlato questi sintomi alla sindrome di Down. Quest’anno è rimasta incinta per la settima volta (ha subito quattro aborti spontanei) – ed era già la terza volta che il bambino presentasse una trisomia 21. Un test genetico approfondito aveva finalmente fatto luce su tale costellazione confusa dal profilo medico: la giovane madre ha la sindrome di Down a mosaico!

I bambini concepiti da Ashley hanno il 50 % di probabilità di avere la sindrome di Down. Ma la famiglia non ha alcun problema in merito. È invece la società odierna ad averne uno. Ashley è molto presente sui media sociali. Complessivamente diversi milioni di persone sono giunti a conoscenza delle sue gravidanze, del test genetico e della diagnosi, come pure del suo schietto desiderio di voler avere ancora più bambini nonostante la diagnosi. Questo ha anche generato non pochi commenti «spiacevoli», rimproveri per mancanza di responsabilità ecc.

Non è un «essere umano inferiore»

Ashley risponde in modo forte a questi commenti: avere la sindrome di Down non significa semplicemente, «non essere sano». E in definitiva potrebbe succedere in ogni momento qualcosa anche a tutti gli altri esseri umani, prima e dopo la nascita. Se un bambino ha la sindrome di Down, non per questo è un «essere umano inferiore». Si tratta sempre ancora del «suo bambino». Per lei non vi è nulla di sbagliato se i suoi figli hanno la sindrome di Down.

Ashley non ha quindi in definitiva alcun problema al riguardo… Un problema ce l’ha piuttosto una società nella quale i bambini con questa sindrome vengono per la gran parte abortiti (in Svizzera circa il 90 %)!